A cura Di Mascia Aniello – Istruttore Cinofilo – Perugia
Devo ammettere che ho davvero iniziato a capire (o quantomeno cercato di farlo) l’universo cucciolo solo quando ho iniziato a fare sport. Ragionare su come coltivare alcune caratteristiche senza inibirle e come far crescere giorno per giorno quel rapporto e quell’affiatamento tanto necessari con il cane da sport, mi ha indotto a realizzare che la gestione del cucciolo da famiglia o da compagnia non è poi tanto diversa (o almeno, idealmente non dovrebbe esserlo).
Il primo grande equivoco sta nel fatto che, essendo il cane notoriamente un animale sociale, deve socializzare fin dal suo ingresso in casa con persone e cani di ogni genere. Niente di più falso. Il cane è un animale “da branco”, è vero, ma del suo branco! Non solo. Continui e ripetuti contatti con soggetti esterni al proprio branco sono spesso fonte di forti stress (di cui ho scritto altrove sulle conseguenze fisiche che comporta), stress a cui sottoponiamo ARBITRARIAMENTE il nostro cane per la nostra vanità di mostrarlo in giro (e un pensiero particolare va ai poveri, giovani retriever…), per socializzare noi stessi con altri proprietari fissati con la socializzazione, perché l’educatore di turno ci ha detto che dai 2 ai 6 mesi bisogna fare la puppy class e una serie di altre ragioni che non includono certo il benessere del povero cucciolo.
Sono molto dura su questo argomento e sono certa che molti, sentendosi toccare in prima persona, non saranno d’accordo. Spero tuttavia che tutto ciò possa essere uno spunto per riflettere.
Tornando al cucciolo, la genetica influisce più di quanto voi possiate immaginare o modificare. Vi faccio due esempi.
La mia dobermann di ormai quasi nove anni è cresciuta in casa. L’ho ritirata a 75 giorni, perché potesse stare più a lungo possibile con la madre. L’ho portata ogni giorno al parco sotto casa a giocare (o almeno così credevo) con gli altri cani, di tutti i generi e dimensioni perché in età adulta fosse abituata a tutto. E vi assicuro che ho fatto mooooolta attenzione che non subisse traumi di alcun genere. Ebbene, il risultato è che dall’età di nove mesi, in un interminabile crescendo, ha sviluppato una forte aggressività verso i cani. Chi ha assistito, tra i miei fortunati amici, alle sue risse, può testimoniare che la ritualizzazione non sa nemmeno dov’è di casa! Inoltre, ha sviluppato un’aggressività da diffidenza verso le persone. Per tanti anni l’ho lasciata in balia di se stessa, non avendo gli strumenti che ho ora per poterla aiutare. Eppure, è stata così ben socializzata!
La mia siberian husky di 6 anni è arrivata l’anno in cui avevo aperto una piccola pensione. A 60 giorni è arrivata a casa e ha avuto rapporti solo con me e con i cani di casa fino a 7 mesi a causa dei miei impegni lavorativi. Ero convinta che, a causa di questa mia enorme mancanza, sarebbe stata per sempre una disadattata sociale. E invece è una cagna che non ha nessun problema con le persone. Nessuno.
Questi due esempi per mostrare come alcuni aspetti siano davvero poco modificabili. Inoltre, capire e accettare che un cane HA problemi con gli altri cani o con le persone ci permette di aiutarlo facendolo sentire tranquillo in nostra presenza, preservandolo da ciò che lui ritiene “pericoloso” o soltanto “minaccioso” e proteggendolo per mezzo della leadership e della fiducia. Fiducia che non ci guadagniamo certamente sottoponendolo quotidianamente o quasi a ciò che per lui rappresenta un problema o un disagio. Se il mio cane non ama i cani e le persone, non li amerà mai.
E ora una notizia sconvolgente. Il vostro cane potrebbe non amare il contatto. Pensate, nemmeno il vostro! Questo è molto duro da accettare per noi egocentrici proprietari amorevoli. È IMPOSSIBILE che il nostro Fuffi che ci ama tanto e che ha occhi solo per noi e che morirebbe per noi e che si butterebbe nell’oceano per salvarci e che se morissimo prima di lui passerebbe il resto dei suoi giorni a lasciarsi morire sulla nostra tomba, possa non voler il nostro contatto. E questo non ha niente a che vedere con avere o meno problemi con le persone. Se il mio vecchio siberian husky mi guarda e sbatte la coda 1-2 volte posso sentirmi più orgogliosa di mezz’ora di pomiciata con i malinois. Eppure, lui non prenderebbe mai in considerazione l’idea di pomiciare con nessuno, fosse la persona che ama di più al mondo. Figuriamoci se potrebbe mai pensare di salvarmi nell’oceano.
Rispettare questo modo di essere, saper leggere quello che il povero cucciolo che sarà l’adulto con cui condivideremo i prossimi 15 anni cerca disperatamente di comunicarci, mettere da parte il nostro umano egoismo e dare la precedenza ai suoi reali bisogni, che non sono certo la socializzazione e l’educazione, ci farà guadagnare quella fiducia che solo un buon leader merita.
Altro enorme equivoco è che “il cucciolo va stancato così stanotte dorme e non rompe le balle”. Oltre alla scorciatoia, poco faticosa per noi e come abbiamo visto molto dannosa, di portare il piccolo al parco a giocare con gli altri cani, abbiamo altre tre categorie di proprietari: i camminatori folli, quelli che vanno al campo, e quelli che devastano il cucciolo di gioco.
I camminatori folli: sono quelli che percorrono, a piedi o in bici, chilometri e chilometri, sempre di più all’infinito, ignorando le possibilità fisiche (e non solo) del cucciolo che implora pietà dall’altra parte del guinzaglio. I primi tempi il cucciolo ha bisogno di uscire, pensate un po’, solo per espletare i suoi bisogni fisiologici.
Quelli che vanno al campo: fissatissimi con tutte le nuove tendenze, sottopongono il malcapitato a giochi di attivazione mentale che nemmeno loro saprebbero risolvere. Oppure, se dall’appartamento del vostro vicino che ha appena preso un cucciolo sentite 857 sospetti suoni metallici ripetuti e continui, chiamate la protezione animali: il piccolo sta per suicidarsi a suon di clicker tra confuse e incomprensibili parole dell’amorevole proprietario. Quando non sentite più niente, o il cucciolo si è ucciso, o sono andati al campo.
Il gioco-dipendente: qui c’è poco da ridere. Il gioco, una delle risorse fondamentali per costruire un legame con il cucciolo, viene usato come degradato mezzo per stancarlo. Se mi verrà concesso ancora spazio, il gioco merita una trattazione a parte in quanto argomento troppo complesso per essere esaurito in poche righe. Vi basti sapere per ora che il gioco è un bisogno sociale fondamentale per il cucciolo ed è importante capire che non bisogna utilizzarlo per stancare, ma per costruire.
Un capitolo a parte merita la gestione casalinga del cucciolo e la sua “educazione”.
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