A cura di Claudio Minoli – Istruttore del Centro Cinofilo PsycoDogs (Bari)
Stanotte non riuscivo a dormire e, come spesso accade in questi casi, mi è venuto spontaneo lasciare la mente libera di andare dove volesse. Mi sono ritrovato a rivivere con il pensiero la giornata appena trascorsa: i momenti vissuti con i clienti, con i soci, con gli amici a due e quattro zampe. Durante notti come queste mi capita di ripensare alle domande che mi vengono poste, alle considerazioni che faccio e che ascolto, e ai nuovi spunti di riflessione che si creano parlando di metodologie e tecniche educative. Ma, soprattutto, mi ritrovo a rievocare i momenti trascorsi con i miei “cagnacci”, come li chiamo affettuosamente.
Quando il maltempo dilaga e altri impegni e attività vanno, come dire, in pausa (e in questo caso è una vera fortuna!), mi dedico completamente all’interazione con i miei cani e mi lascio affascinare e catturare dalle dinamiche del mio branco misto: io, loro e il “nostro territorio”. Per chi ha la fortuna di vivere con un cane, sarà certo facile acquisire abilità nel comprendere determinati comportamenti e meccanismi della relazione uomo-cane. Ma chi ha la “strafortuna” di vivere con un branco comprenderà meglio questa mia domanda: come si fa a far capire al nostro cane che lo amiamo? Spesso crediamo che il nostro voler bene, il nostro modo di amare sia l’unico e, quindi, valido anche per il nostro amico a quattro zampe. Spesso, o sempre, utilizziamo coccole, carezze, cibo, attenzioni, giustificazioni…per dimostrare i nostri sentimenti al cane come se fosse un nostro amico o parente, una persona in grado di poter comprendere i nostri atteggiamenti, le nostre parole, i nostri gesti come chiare e inequivocabili dimostrazioni di affetto.
Ma è sempre così? Fermatevi a pensare un secondo…
Siete proprio sicuri che al vostro cane piaccia essere accarezzato, più o meno delicatamente, in qualsiasi momento VOI lo vogliate? Mentre gioca, mentre dorme, mentre mangia, ecc… E siete proprio sicuri che lasciare la ciotola sempre a disposizione, stracolma di cibo, possa essere una dimostrazione di premura, di affetto e amore? E vogliamo parlare dei giochi? Palline, ricci di gomma, orsacchiotti, ossi-corda…tutti sparsi per casa…
Vi voglio suggerire uno spunto di riflessione per stimolarvi verso una visione maggiormente cinocentrica: pensate ad un bambino mentre gioca. Guardate la sua faccia mentre si diverte e si relaziona con altri bambini, con i suoi genitori, con i suoi cuginetti, ecc… Confrontate poi queste espressioni con quelle che ha quando gioca da solo (sarebbe meglio dire giocava da solo dato che oggi, nell’era della tecnologia imperante, costruzioni, macchinine, Barbie & Big Jim hanno davvero poco spazio).
Quali differenze riuscite a notare?
Nel primo caso c’è passione, c’è sorriso, c’è incontro e scambio, c’è la possibilità di raggiungere nuove conoscenze in funzione dei compagni di giochi. Quanti di noi giocavano a nascondino da piccoli? L’unico strumento necessario erano i compagni di gioco e un territorio da sfruttare. Strategia, astuzia, ma soprattutto tanto divertimento.
Quando, invece, il gioco viene svolto in solitaria, c’è consapevolezza di sé, una sorta di misurazione delle proprie abilità e di presa di coscienza, ma viene a mancare quel mordente tipico dei giochi “sociali”.
Non intendevo certo paragonare un bimbo ad un compagno a quattro zampe, però era importante riuscire a rendere meglio una piccola idea. L’interazione che avviene all’interno di un’attività ludica è data dalla scoperta delle abilità e dei limiti reciproci, dalla competizione, dalla condivisione, dalle esperienze che derivano dal confronto con un altro compagno di giochi. Il divertimento deriva non dal gioco di per sé, ma dalla relazione con uno o più compagni di giochi.
Sull’argomento “gioco” penso si possano e si debbano scrivere trattati interi, in quanto ancora oggi la maggior parte delle persone, non ne ha compreso la rilevanza formativa. Vorrei che tutti voi pensaste al gioco come a una risorsa davvero importante anche per il nostro amico con la coda. Il gioco è una delle basi dell’apprendimento, ma non solo: è una risorsa fondamentale per attivare i meccanismi relazionali, sociali e gerarchici alla base del riconoscimento dei ruoli a livello individuale e a livello sociale.
Ora: come fare a spiegare l’amore, il bene, al vostro cane? E, soprattutto, vi siete mai domandati come lui possa pensare ai vostri atteggiamenti, alle vostre abitudini, alle vostre emozioni, al vostro linguaggio?
Pensiamo, ad esempio, ai momenti in cui il nostro umore diventa pessimo perché siamo arrabbiati, nervosi, offesi con il marito, la moglie, il collega, il vicino di casa, o semplicemente con quel tizio che ci ha tagliato la strada…Pensiamo ai momenti in cui, relazionandoci con il cane, i nostri atteggiamenti perdono di coerenza e improvvisamente diventa difficilissimo cogliere un senso logico e una chiara continuità nelle nostre azioni. Prima “sali in braccio” e poi “non puoi salire addosso”, poi “no”, poi “sì”, poi “sali sul divano”, poi “scendi dal divano” e poi “sì”, “no”, poi “forse”, “stai giù”, “vieni su”, poi “no”, poi “si”….ora moltiplicate tutto questo per tutti i componenti del vostro branco-famiglia e…BOOOOM!!
Volete che vada avanti?
Vogliamo forse parlare del suo linguaggio?
Non penserete mica che il suo mondo interiore e il suo modo di percepire le cose sia identico al nostro, vero?
E se, invece, fosse proprio il gioco la modalità giusta per comunicare con il cane e fargli comprendere il nostro amore e la nostra felicità nel condividere la vita con lui? Ci avete mai pensato?
E se fosse il gioco uno di quei linguaggi senza parole, perfetti per ricreare il mondo speciale dato dalla relazione uomo-cane?
Non avete voglia di provarci?
E se fosse proprio il gioco una specie di “teatro” dove iniziare, anzi no, intraprendere e continuare a plasmare un gioco delle parti, dove ognuno apporta il proprio (che possa essere carattere, sentimenti, sensazioni, esperienze, ecc…). Ci credete che io potrei scrivere per ore parlando di attività ludiche?
E se fosse il gioco un’occasione più unica che rara per consolidare, ogni giorno di più, i messaggi che scambiamo con il nostro cane?
Tutti i sorrisi. Le emozioni. Un universo invisibile che ci lega profondamente a lui, parte di quel filo di Arianna che, giorno dopo giorno, ci fa riscoprire dimensioni sincere di noi stessi; aspetti infantili che rimpiangiamo troppo spesso, ma che riusciamo ad esprimere solo alla presenza di quella coda scodinzolante.
Sì. Penso che l’amore tra uomo e cane prenda forma si trasformi anche attraverso il gioco. Condizione tramite la quale entrambi ritornano liberi come cuccioli e abili ad imparare e applicare regole come adulti, quel fenomeno sociale nel quale nascono, crescono e si sviluppano le relazioni.
Ok…avete ragione, mi sono dilungato un po’ troppo, ma che volete farci?Mi piace curiosare, mi piace sperimentare, mi piace vivere insieme con i miei cani e scoprire ogni giorno aspetti che possano farmi crescere nel loro rispetto.
E sapete cosa penso? Penso che in un percorso di educazione, in fondo, è proprio di questo che parliamo.
Di Relazione. Non esagero se dico che un percorso di educazione, a prescindere dal fatto che sia svolto con l’ausilio di un educatore o da autodidatta, è parte integrante dei modi in cui si esprime l’ Amore.
Parliamo della ricerca di un ponte che possa essere un collegamento tra due esseri così diversi, ma così estremamente compatibili come l’uomo e il cane.
Alcuni pensano che un corso di educazione sia una prova di forza. Seduto! Terra! Strattonate.. Macché. Educare è tirare fuori la parte migliore di sé in relazione al nostro compagno e viceversa. Educare, è intraprendere una strada INSIEME, tramite la quale la natura del cane e la natura dell’uomo raggiungono un obiettivo che non è un esercizio, non è una bella condotta al guinzaglio, non è una gara, ma è COMPLICITA’, COOPERAZIONE e COMPRENSIONE.
Ora scusate, ma è giunto il momento di giocare con la piccola Nirvana.
Volete unirvi a noi?
Claudio Minoli
tel. 339.3553035
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