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wantedA cura di Anna De Romita – Educatrice cinofila Bari

Chi svolga la professione di educatore cinofilo avrà di certo avuto modo, almeno una volta, di sentirsi rivolgere la fatidica domanda: a che serve educare un cane? Perché chiedere la consulenza di un educatore? Oppure: perché insegnare comportamenti o esercizi a un cane che non so quanto interesse abbia nell’eseguirli? E soprattutto: cosa c’entrano le cose che mi dici e mi chiedi e fai fare a me e al mio cane con il “problema” di cui ti ho parlato? I suddetti dubbi vengono espressi non solo da chi non si è mai rivolto ad un educatore e non pensa di farlo in futuro ma anche da chi decide di rivolgersi ad un professionista che possa risolvere nel più breve tempo possibile (…) un più o meno grande “problema” manifestato dal proprio cane.

Continuo a virgolettare la parola “problema” perché spesso si tratta di una situazione problematica relativa, cioè riguardante un’insoddisfazione o un rifiuto del proprietario di fronte a un comportamento naturale e normale del cane (problema comportamentale improprio). Per fare un esempio: Fido abbaia continuamente per avvertire i suoi proprietari dell’arrivo di estranei. Tale comportamento assolutamente naturale, specialmente in alcune razze, non viene apprezzato unanimemente da chiunque. Quindi, quella che per alcuni è una dote per altri è un’inutile seccatura, motivo di tensione e frequenti arrabiature ai danni del povero Fido “chiacchierone”. E solitamente più ci si arrabbia e si urla al cane di smetterla e di fare silenzio e più il cane persevererà nel suo comportamento, confuso dalla reazione del proprietario ma certo di non dover interrompere un gesto (gridare/abbaiare) che compie ugualmente anche il suo amico umano!

Altri problemi o, meglio, comportamenti anomali, non registrati in precedenza oppure la cui frequenza e incidenza sono andate intensificandosi riguardano traumi o mancanze che il cane può aver subìto in presenza o in assenza dei proprietari che, quindi, ne sono o meno consapevoli. Tali problemi possono manifestarsi all’improvviso nell’ambito di una relazione cane-proprietario tutto sommato corretta (problema comportamentale proprio) ma possono anche presentare un costante peggioramento dovuto o a errori/carenze nella socializzazione o nell’educazione (problema comportamentale indotto) oppure dovuto a patologie psico-fisiche in corso (problema comportamentale derivato).

Quindi, tornando alle questioni iniziali…a che serve educare? E perché chiedere la consulenza di un educatore? Si suppone che l’educatore abbia frequentato un corso di preparazione professionale e abbia superato un esame. Si suppone che relazionarsi con i cani sia la sua passione, indipendentemente dalla professione. Si suppone che si sia interessato e si interessi dell’etologia del cane e che quotidianamente si dedichi all’osservazione non solo del proprio cane ma anche dei cani di clienti, amici, estranei, canili, etc. Si suppone che sappia riconoscere anche piccoli segnali di malessere e disagio del cane e che sappia studiare un comportamento per tentare di comprenderne le origini e le cause, laddove possibile. 

Perché insegnare comportamenti o esercizi a un cane che non so quanto interesse abbia nell’eseguirli? Comportamenti o esercizi a volte apparentemente standardizzati e inutili aiutano a migliorare la relazione uomo-cane al di là dell’importanza stessa di una corretta esecuzione; sono un tramite per instaurare un dialogo in cui riconoscersi e comprendersi reciprocamente. In secondo luogo, il cane ama lavorare, tenersi attivo e collaborare con il proprio amico umano. Ottenere apprezzamenti, incoraggiamenti e soprattutto condivisione di tempo, attività e sensazioni è, indiscutibilmente, un immenso piacere per il nostro amico a quattro zampe tanto quanto (se non di più) ricevere coccole, cure e attenzioni. Ovviamente ogni esercizio, comportamento o attività sportiva vanno svolti nel totale rispetto del cane. Ciò non significa semplicemente interagire con lui amorevolmente, senza violenze fisiche o verbali. Significa anche conoscere le caratteristiche di razza e caratteriali del proprio cane nonché i limiti, le possibilità e le condizioni fisiche del cane stesso. Significa saper individuare e interpretare piccoli indicatori di stress, noia o disagio, chiedere eventualmente consiglio e supporto ad un esperto e regolarsi di conseguenza.bimbo.cane

Cosa c’entrano le cose che mi dici e mi chiedi e fai fare a me e al mio cane con il “problema” di cui ti ho parlato? Per tentare un approccio ad un “problema” di cui possiamo non conoscere l’origine e la motivazione ma anche nel caso in cui sia facile risalire agli errori o carenze che lo hanno determinato, è necessario, spesso, “partire da lontano”, cioè, come si diceva qualche riga più su, puntare a ricostruire la relazione su nuove basi che permettano una comunicazione più efficace. Il proprietario potrà ottenere gli strumenti giusti per “ricominciare” soltanto attraverso un approccio olistico, a 360°, un approccio che non si curi soltanto di una singola componente, in questo caso il “problema” lamentato, ma si serva di quel singolo elemento come base per studiare il contesto. Un “problema” o, meglio, una difficoltà, non può essere ridimensionato o risolto se si fissano sguardo ed energie solo su di esso, dimenticando tutto ciò che c’è intorno e tutto ciò che è stato. Quindi, tutte le informazioni su Fido, i proprietari, la storia di entrambi, amici, parenti, la casa, il tempo libero, etc saranno non solo pertinenti ma utilissime per affrontare il momento di crisi. Siamo abituati a percepire la parola “crisi” come qualcosa di negativo…ma in realtà nel significato etimologico della parola non c’è nulla di negativo. Infatti, “crisi” deriva dal greco e indica la possibilità di separare, scegliere, valutare. La crisi è un momento creativo in cui qualcuno o qualcosa ci spingono a riflettere su cosa e come cambiare. Sta a noi rendere belli o brutti il percorso e l’esito. 

Redazione DM.it