Il principio di adattamento, che sta alla base della teoria dell’allenamento, è nella sua scientificità la miglior metafora che conosco per spiegare l’altro principio a me caro: L’ECOLOGIA ossia il rispetto dei sistemi.
La curva di supercompensazione stabilisce che a ogni “carico” di lavoro, ossia l’insieme di stimoli allenanti, corrisponde una risposta da parte di tutti i nostri sistemi interessati, che vengono così “sconvolti” dallo stimolo stesso. L’organismo reagisce all’aggressione con qualche perdita sul campo di battaglia, è per questo motivo che ci si sente stanchi durante e dopo un allenamento.
Madre natura ha dotato le specie animali di una particolare propensione all’adattamento, quindi dopo lo stress allenante, ci si riposa, ed è proprio durante questo riposo che il corpo intelligente provvede a ricompensare le perdite e, ciò che è più meraviglioso, a PREVEDERE che il nostro organismo potrebbe essere ancora sottoposto a una nuova battaglia (allenamento), e quindi non si accontenta del semplice RIPRISTINO delle ri- serve preesistenti ma SUPERCOMPENSA, creando un SURPLUS D’ENERGIA.
La capacità di adattamento ai vari stimoli allenanti e il tempo in cui l’organismo SUPERCOMPENSA sono variabili da uno stimolo all’altro. Questo è oggetto di studio della scienza chiamata TEORIA DELL’ALLENAMENTO, che ogni allenatore conosce alla perfezione.
Come ben sapete non esiste la possibilità materiale di conoscere tutto di qualcosa, tutto dipende dalle domande che ci poniamo. Se vi ponete la domanda: QUANTO TEMPO MI SERVE PER SUPERCOMPENSARE? attiverete tutte le vostre risorse per trovare la risposta.
Ciò che è importante, prima di farvi la domanda, è rammentare che ognuno singolo individuo è simile a un DIAMANTE: non ne esistono due uguali al mondo. Quindi il tempo di supercompensazione è variabile. I libri, le teorie e soprattutto le statistiche ci dicono per semplicità didattica che per supercompensare gli stimoli di forza, per esempio, servono quarantotto ore. Questo nel 80% dei casi è vero, ma chi vi dice che il vostro cane non faccia parte del restante 20%. E, in questo caso, quanto vi serve: ventiquattro ore o settantadue? è la vostra sensibilità che ve lo indica, l’esperienza.
Vi ricordate il racconto iniziale, quando vi ho spiegato come avevo organizzato la preparazione di Cash? Ora comprenderete perché prima della prova di resistenza il cane era stato fermo, tranne un solo stimolo di forza, dieci giorni prima, era il tempo che avevo capito servisse a quel particolare soggetto per supercompensare.
Molto sovente, i preparatori dei cani non rispettano questo principio allenando e stimolando i propri soggetti fino a qualche minuto prima della competizione, per esempio nella specialità che pratico IPO, succede che il cane stressato non faccia in gara un esercizio che ben comprende e che sempre ha eseguito. Il conduttore dopo la competizione lascia stare il cane per qualche giorno [forse perché era piuttosto stressato anche egli], dopo di che tira fuori il cane dal box ed esegue qualche esercizio et voilà, l’esercizio alla perfezione, e allora via una carica di parole al proprio cane colpevolizzandolo perché non l’aveva fatto nel momento giusto. Quasi come se il cane l’avesse premeditato.
Il nemico numero uno: il sovrallenamento
Quando analizzavamo le variabili degli stimoli allenanti, sostenevo che quello della quantità era, quasi con certezza, quella più conosciuta, << se correre 10km fa bene allora facciamone 15 che farà sicuramente meglio! >>, prenderesti 2 antibiotici alla volta applicando il medesimo ragionamento?
Se applichiamo stimoli senza attendere che si sia verificata la supercompensazione, ciò che otterremo sarà una sommatoria di fattori stressanti che l’organismo non sarà in grado di gestire scivolando via via verso il debito. Risultato scientifico: “sovrallenato”, soluzione razionale: riposare. Risultato empirico: “non è allenato”, soluzione irrazionale: alleniamolo ancora. Sottolineo, a rischio di essere noioso, che è questo il vero pericolo di ogni programma di allenamento fatto alla <<speriamoinbene>>. Considerate che questo rischio esiste nell’allenamento umano, in cui l’atleta è il soggetto che ha voce in capitolo, immaginate cosa può accadere con un cane che vive per noi e che in presenza di uno stimolo sarebbe disposto a darti le sue ultime preziose risorse. Loro vivono nel presente, non esiste che pensino a risparmiarsi per non consumare tutte le energie.
Esiste un’altro elemento che non conduce ad effetti positivi, senza però incorrere in danni: Uscire una volta alla settimana e fare una bella corsa di un’ora è uno stimolo insufficiente a provocare adattamenti permanenti. In questo l’organismo si stressa e si riprogramma per adattarsi tramite una supercompensazione, nel momento in cui dovrebbe verificarsi un nuovo stimolo ciò non avviene, di conseguenza l’organismo, che tende sempre all’economia, non considera più necessario la fornitura di quel surplus e la condizione generale rimane tale e quale all’inizio del processo.
[Fonte: Omar Beltran, Il doping ecologico, Ediciclo Editore]
OMAR BELTRAN
author@omarbeltran.com
www.omarbeltran.com
https://www.facebook.com/
https://twitter.com/
- Preparazione atletica del Cane – 5 – La programmazione dell’allenamento – 27 Agosto 2014
- Preparazione atletica del cane 4 – La curva della supercompensazione – 21 Agosto 2014
- Preparazione atletica del cane 3: L’allenamento del cane – 13 Agosto 2014