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Maurizio Dionigi
Dr. Maurizio Dionigi –

a cura del Dott. Maurizio Dionigi – Centro Cinofilo Del Chiaro di Luna – Cesena (FC)

Poiché gli educatori cinofili si trovano spesso ad avere a che fare con cani “problematici” è inutile continuare nell’ipocrisia che vieta loro di occuparsene demandando questo compito ai rieducatori, quindi si è aggiunta, alle mansioni degli educatori, questa frase: “si occupano inoltre di attività rieducative in caso di alterazioni o problematiche relazionali e comportamentali del cane, nei limiti fissati da apposito regolamento”.

Mi pare che manchi sempre di più il rispetto per il cane! Gli educatori non hanno né le competenze né l’esperienza per questo compito. Abbiamo visto cani rovinati da educatori troppo zelanti; spesso si è dovuto lavorare  mesi per rimediare danni provocati, certamente in buona fede, da comportamenti troppo superficiali. Ma il problema esiste ed allora occorre preparare il terreno  sul  quale inserire compiti più complessi per gli educatori.

E’ indispensabile, a mio avviso prima di ogni altra cosa, creare una rete di sostegno e di intervento che veda come punti nodali le diverse professionalità che possono essere coinvolte. Occorrono un rieducatore esperto e un veterinario comportamentalista che si assumano la responsabilità di fare da supervisori agli educatori. E’ infatti indispensabile  la capacità di capire che cosa si nasconde dietro ad un comportamento problematico e questo richiede conoscenze, esperienza, intuizione, spirito critico, capacità di relazionarsi alle persone, competenze relative alle strategie di osservazione, creatività, profonda conoscenza del cane, la capacità di creare empatia, l’abilità di emettere segnali corretti e coerenti e la disponibilità a riconoscere le capacità altrui. Se questo si riuscisse a realizzare allora sì che avremmo creato le premesse per consentire agli educatori cinofili di occuparsi con modestia, rispetto e, spesso, con pieno successo dei cani problematici.

Non possiamo però lasciare all’educatore la definizione del problema. E’ infatti in questa fase che nascono gli equivoci.

Quando un’anomalia osservata in un cane è un problema comportamentale?

Certamente non sempre, anzi mi sento di affermare che accade raramente e, quando accade, non può essere l’educatore che se ne occupa. Fobie, coazioni, aggressività fuori controllo con esiti gravi, predazioni improprie, depressione, autolesionismo. Queste sono alcune manifestazioni indicative di problema comportamentale e la loro soluzione richiede interventi complessi e assunzione di responsabilità diretta nei confronti del cane e dei proprietari; per questo occorrono specifiche professionalità e, spesso, sinergie multi professionali. Ma fortunatamente questi atteggiamenti si riscontrano raramente in forma eclatante. Moltissimi altre anomalie non rientrano nel problema comportamentale, ma sono frutto di  errori di percorso, di esperienze negative, di relazioni inesistenti, di non appropriato posizionamento sociale, di non soddisfazione dei bisogni primari di specie e di razza, ecc. E’ su questi che, creata la  rete di supporto, utilizzando come riferimento le disponibilità offerte dai professionisti che vogliono farlo, si può iniziare un’adeguata formazione gli educatori cinofili. del chiaro di lunaLa formazione è però indispensabile e deve essere caratterizzata dalla ricerca e dalla promozione di uno spirito critico che renda capaci di analisi autonome. Non si può fare formazione, a questi livelli, proponendo ricette universalmente valide  mantenendo per sé le conoscenze autentiche custodite con gelosia per non cedere, come ho sentito affermare più volte, il proprio bagaglio faticosamente accumulato; se così facessimo non raggiungeremmo mai l’obiettivo. Se cambiamo strada possiamo, nel massimo rispetto del cane, creare realtà capaci di interventi veramente efficaci. I rieducatori pongono la loro competenza ed esperienza a disposizione di un gruppo di educatori; ci si forma esaminando i diversi casi, individuando un metodo di lavoro, giungendo alla definizione del problema con analisi motivate, impostando gli interventi, tempificando le verifiche. Poi sono gli educatori a lavorare concretamente condividendo la supervisione con il gruppo e con il rieducatore di riferimento.

Mi rendo conto che questa possa sembrare un’utopia, ma vi assicuro, per esperienza, che è un’utopia realizzabile ed estremamente produttiva.

Redazione DM.it